giovedì 6 gennaio 2011

Per sempre ...

“So bene chi siamo; l’uno per l’altro. E finalmente ho capito cosa dovremmo fare: scambiarci gli anelli davanti ad un altare ed un prete.
Dovrei dire sì cosciente della tua identica risposta. Solo sì e nient’altro. E tu ricevere questa promessa sottoscrivendola sugli atti e sul tuo cuore. Ti amo ….”
Le sussurrai queste parole, mentre il treno fischiava il richiamo alla partenza. Quella lunga collana di vagoni e rotaie che avrebbe portato Elenoire lontano da me, forse per sempre …
Un tempo eravamo riusciti a raccontare al cuore un amore fatto di passione, di sorpresa, di desiderio di conquista … un amore travolgente che mi aveva sradicato dalla terra, dal lavoro … da un altro amore ..
Ricordavo ancora il sapore di quel primo, morbidissimo bacio, rubato alla notte ed alle sue labbra schiuse appena, più per vergogna che per ritrosia. Allora mi respinse accompagnando il movimento con una smorfia di stupore ed incredulità che cedeva spazio, incontrollata, ad un accenno di sorriso. Fu la cima a cui volli aggrapparmi, convinto che da lì cominciava la scalata verso una meta incredibilmente complicata ma assolutamente straordinaria.
Avevamo vissuto tre anni intensi, in cui la vita era riuscita a rappresentare una parte di sé ancora sconosciuta: quella che sottende ai miracoli, ai sogni realizzati. E in quel periodo, così breve, ci eravamo sentiti l’uno per l’altra, consapevoli di doverci donare reciprocamente con cosciente abbandono.
L’amore per me, sino ad allora, era sempre stato un gioco in cui il più abile riesce a conquistare qualcosa dell’altro. Così mi divertivo a far incetta di sentimenti, di tempo, di illusioni, di piacere. Prendevo tutto dall’universo femminile che mi attraeva con una forza incomprensibile. Sapevo di non dover chiedere molto di più; di non dover dare quasi niente in cambio.
Tuttavia, appena vidi il suo sguardo chiaro, le fattezze angeliche, le movenze gentili, capii subito che non sarei stato abile a carpire quell’amore, nonostante l’esperienza; piuttosto l’amore avrebbe potuto scegliere noi eleggendoci a suoi rappresentanti.
Accadde e fu come scartare un regalo inaspettato, o incontrare qualcuno di cui non conosci l’esistenza e scoprire d’aver sofferto la mancanza …
Onorammo quel compito, tacitamente assegnatoci, per diversi mesi, durante i quali il sentimento giocò ad annodare le nostre storie come fili di colore diverso fusi nella definizione dell’unica immagine. Un idillio, un sogno ….
Così, mentre sussurravo quelle parole, nell’umido grigiore della stazione, ripensavo a come era cambiato tutto da allora e percepivo la sua distanza anticipata non dall’assenza fisica bensì dallo sguardo rivolto verso un altrove in cui non ero più presente.
La gola intrecciò nervi e muscoli e la voce ritrasse la potenza per dare spazio ad un filo di suono emesso come rantolo con cui costruivo il suo nome. Voltò lo sguardo e ritrovai il castano intenso in cui spesso diluiva il mio ritratto.
Quante volte avevo vissuto quella scena, in altri luoghi e con altre lei, interpretando la parte opposta a quella attuale. In quelle circostanze ero uscito vincitore perché conoscevo bene il copione e sapevo quale epilogo avrebbe avuto la storia. Questa consapevolezza mi terrorizzava trovandomi, adesso, protagonista passivo, indifeso ed indifendibile.
Per troppo tempo aveva atteso quella dichiarazione d’intenti. Ed io ero stato lì a fissare la sua pazienza e la sua instancabile comprensione, convinto che sarebbe bastata per un periodo indefinito in cui io avrei potuto riordinare i miei sentimenti reinterpretando la mia vita. Per questo motivo non avevo mai seriamente parlato a me stesso di Elenoire …
La mattina in cui mi comunicò la partenza capii che il mio tempo era finito. Capii che la storia aveva atteso invano una mia maturazione, una scelta.
Non risposi nulla, abbassando lo sguardo sulla sua mano sinistra in cui indossava ancora un anello di pietra verde che avevo voluto regalarle a Natale. Si accorse e richiuse il pugno. Quel gesto, certamente involontario, ebbe la forza di sollecitare il cuore più delle parole udite. In quella mano scompariva tutta la nostra vita insieme, accartocciata e nascosta per sempre.
Il cuore sa leggere gli eventi ancor prima della coscienza. Quel pugno riuscì a colpirmi in mezzo al petto senza fatica, senza spostare un filo d’aria, senza movimento. Eppure fu terribile e doloroso.
In mente ripetevo il suo nome come un disco impazzito o semplicemente rotto … Arrivai a sera con la testa piena di lei come non era mai successo prima o come forse non avevo mai notato. Così pensai che privato del suo nome, della sua presenza, niente sarebbe stato più lo stesso. Credetti che, anch’io, non sarei più stato l’uomo di prima. Si amplificava una sensazione di vuoto, di perdita, paragonabile solamente alla morte.
Senza Elenoire sarei tornato solo e non mi bastava più …
Il treno era quello delle 12.05. Percorsi il sottopassaggio che porta ai binari correndo senza pensare, con la sola convinzione di trovarla per dire qualcosa di unico, di semplice. Divorai le scale saltando i gradini a tre a tre ed emersi in prossimità della banchina in cui era presente .. il mio amore. Dichiarai così a me stesso nel vederla e rimasi stupito di quella nuova consapevolezza.
Le frasi che pronunciai non erano state studiate per far colpo o per costringerla a retrocedere nella scelta. Piuttosto una spontanea eruzione di sentimento, una confessione.
Il suo silenzio mi gettò in uno sconforto imbarazzante. L’ansia lievitò sino a raggiungere il panico. Lo sguardo di lei perso nel vuoto mi preannunciava un vuoto ben più ampio ed invadente. Un attimo in cui credetti di perdere il tutto di me che ancora non conoscevo pienamente …
“.. Solo sì..” – ripetei con un filo di voce implorante, lanciata contro la rassegnazione nel tentativo finale, improbabile.
Il treno fischiò l’ultima chiamata.
Lei alternò lo sguardo sul vagone e poi su di me, come innanzi ad un bivio, ad una scelta non più rimandabile.
“ .. voglio chiederti una sola, semplice cosa..” – bisbigliò – “… ma tu mi ami..?!” – continuò con tutta l’incertezza che sbiadiva la potenza di quell’interrogativo dirompente.
La sua voce fu come un lampo che rischiara il buio della notte; la ferita aperta che fa sentire il calore del sangue vivo.
“Ti amo .. e per sempre ..” - risposi senza esitazione alcuna e senza riuscire ad aggiungere altro. Non avevo mai avuto il coraggio di dichiararle il mio amore, sino ad allora sconosciuto anche a me stesso.
Mi guardò con una luce nuova che faceva brillare gli occhi. Le guance le si colorarono di albicocca ed il suo profumo mi coprì ricordandomi il sapore della sua pelle. Poi la sua bocca si schiuse in una sillaba.
Finalmente, il treno sbuffò, sconfitto, ed iniziò un’accelerazione verso l’ignoto.

1 commento:

  1. per elen Israel.
    Sono piero angelo perrucci. Ti amo più di quanto entrambi possiamo pensare. ti amo, elen, ma non ti darò una ragione. il fatto che pierangelo ti ama, è una circostanza non misurabile.
    ti amo.
    piero angelo perrucci

    RispondiElimina