domenica 21 febbraio 2010

La Facoltà dello Stupore


La facoltà dello stupore sta nell’emozione suscitata da uno sguardo fuggevole, leggero, penetrante; lanciato per caso oltre l’orizzonte del proprio destino sino a giungere in riva al mare del tuo infinito.

La facoltà dello stupore sta in quel respiro che finalmente ascolti, dopo una lunga interminabile assenza durata… un istante…. E’ ricominciare a vivere, sentendo l’aria che riempie e inebria; frizzante, leggerissima.

La facoltà dello stupore sta nel gusto di un piccolissimo bacio, dato su labbra appena schiuse, acerbe, timide, impaurite. Sostare e poi allontanarsi nel timore d’aver sbagliato, d’aver perso tutto in nome di quel desiderio sempre presente, sin da quanto ti vidi per la prima volta, stupita.

La facoltà dello stupore sta nello sguardo che si poggia sulle mie figlie… 3 … Le conto, nella notte, come l’avido fa l’appello agli spiccioli nel timore di dimenticarne il tintinnio. Come contavo i giorni prima della loro nascita, nell’attesa di conoscere i lineamenti per scoprirne la somiglianza. Come i desideri concessi da un genio benevolo, che rimane asservito con la sua enorme potenza nell’impotenza di decidere.

La facoltà dello stupore sta nell’ascoltare il battito del mio cuore, ancora una volta e poi ancora…
Un ritmo incalzante che segna istanti e accadimenti e si propone come unica colonna sonora possibile. Ed ogni fuga in avanti racconta un’emozione forte che toglie vita al tempo.

La facoltà dello stupore sta tra le lettere distese su di un foglio bianco; quando è sera e comincio a giocare con le parole. Accade così, come ogni volta, che le emozioni si trasformino in scrittura compiendo il miracolo della creazione… E corrono veloci lungo strade che nascondono gli arrivi; in silenzio per non essere scoperte e non svanire…
… Anche stanotte… nello stupore..!!!

venerdì 12 febbraio 2010

Touch


“..Mio amore…!
Fatto di pelle lucida, di alito che gonfia il petto, di sangue che fa pulsare le tempie… mie. Ti guardo con occhi increduli per la bellezza che si rifrange contro. E scruto ogni tuo minimo accenno, timoroso di scoprire la distanza crescere tra i nostri corpi nudi.
Le braccia avvolgo sulla tua schiena e sui fianchi, come radici che stringono la terra fertile, bisognose di suggerne sostanza vitale. Così, sospiro, immobile. Avvolto da un pensiero morbido che vedo nascere agli angoli della tua bocca umida per i baci a morsi scambiati senza fretta. Quegli angoli arrotondati si distendono in un elastico di porpora e velluto che ondula le labbra e che trasforma il fremito in sorriso.
Ho bisogno del tuo corpo. Per sentire il limite tra il mio amore umano e l’amore che da sempre vive in ogni uomo…
La passione amplifica i sensi e con i denti affondo la presa sul tuo mento disponibile a divenire preda. E’ un bacio o forse cento che scandiranno il tempo dei nostri movimenti, lenti e parsimoniosi; avari perché desiderosi di trattenere tutto restando immoti.
Una lacrima di luce stilla dall’alba che nasce e inonda la tua fronte di cera; il colore irrompe padrone di quella parte del giorno che si annuncia sebbene ancora pallido. La scintilla del bagliore rimbalza sulle palpebre risaltando le ciglia scure ed il dorso del naso naturale scivolo su cui mi diletto con le dita.
Al primo tepore si amplifica il profumo di donna, inebriante come sempre. Incantesimo, mistero, alchimia di una natura maestra nel legare le emozioni alle percezioni. In un girotondo alternato in cui s’intrecciano tatto, gusto ed olfatto diventando catena per l’ancora o filo per l’aquilone. Capaci di portare negli abissi dell’ignoto o sulle vette della conoscenza suprema, senza mai perdere contatto con il corpo che rimane barca in balia delle correnti.
Quanto è delizioso rimanere tuo, sapendoti quella parte di me che non mi appartiene completamente; così da dover ripartire alla conquista, alla scoperta di quel mondo ancora vergine e puro. Terra agognata, appena avvistata e già scomparsa. Miraggio.
Abbandoni il capo sulla spalla scoprendo il collo che pulsa ad un ritmo costante. E’ un concedersi pienamente lasciando indifesa una parte debole alla vita ed ai sensi. Un dono metaforico, forse un invito.
D’impeto abbocco a quell’amo senza punta, piluccando la tua pelle madida.
Sento ogni tua cellula rispondere con una metamorfosi repentina. E si trasforma ruvida, increspata, turgida. L’emozione lega ogni piccolo nervo e s’impadronisce della coscienza. Poi, lentamente, quiete e ritorna al morbido.
“Mio amore…!” rimbalza tra la lingua e i denti, poggiandosi sulle mie labbra che accolgono le tue. E la voce che riconosco mi presenta un suono ancora nuovo, unico. Melodia che introduce ad un silenzio polifonico fatto di frequenze sconosciute all’uomo; pentagramma invisibile che trascrive un’opera in continua improvvisazione.
Sarai tu a dirigere, come sempre, gli strumenti del nostro idillio; perfettamente accordati sulla frequenza che conduce al sempre per sempre. Ogni nota un’unità di misura che saprà valutare non solamente il tempo, ma intensità e la qualità del suono che i nostri corpi emetteranno nella vibrazione d’amore.
“Amore mio…!” sfugge dalla mia mente in quella logica di possesso che mortifica ogni purezza insediando il semplice desiderio di appartenere. Reclama un diritto di prelazione su tutto finanche sui pensieri che corrono le strade anguste tra testa e cuore.
Schiudi gli occhi come per rassicurarti su chi sono e sorridi scoprendomi infante. Ancora troppo piccolo per quell’amore enorme che può distruggersi o sublimare. Sento le tue impronte solleticare il volto aprendo un contatto tra due identità diverse, complementari, puntate nella stessa direzione.
“..Mio amore…!” sussurri ancora con tono fermo e dolce. Ed io capisco il senso, la sua pedagogia. Decodifico il messaggio. Quel suono appare subito come se fosse dono, regalo da concedere a chi molto si ama. Si offre ancora unico, senza remore né timore; essenza fiduciosa con coscienza di minuscola goccia che bagna il grande mare.
Ritrovo il passo, la giusta direzione.
I nostri corpi lucidi riprendono a beccheggiare vicini come due barche piccole, ancorate, alla deriva.